Chapa-chapa é una tecnica di cucito usata dai sarti dell'África Occidentale;é una composizione "arlecchinesca" di pezzi di stoffa avanzata di colore e fantasia differenti... Cosí nasce il mio blog,fatto di esperimenti,immaginazioni,sovrapposizioni...non spaventatevi,se le mie mani hanno unito queste cose senza un apparente filo logico..perché come dice il sarto africano: "l´importante é cucire, la forma viene dopo"

FITZCARRALDO

FITZCARRALDO
« Chi sogna può muovere le montagne »

venerdì 4 settembre 2009

A SCUOLA NEL NORD DEL BRASILE



Un anno e mezzo che lavoro in una scuola elementare nel Nord del Brasile e mi rendo conto di quanto possa essere difficile per un bambino di queste parti imparare a leggere e a scrivere correttamente.
Molto spesso alcuni di questi bambini vivono situazioni familiari molto difficili di storie come quella di Reginalva che è rimasta senza genitori perche la mamma è stata uccisa dal marito che a sua volto è stato ucciso per vendetta dal cognato; o di Patrik e Jaklin che non hanno più i propri genitori perche il padre li ha abbandonati e la madre si è impiccata; o di Marcelo che vive con i nonni perche abbandonato dai genitori che troppo giovani non avevano un lavoro per sostenere la famiglia.
Con storie del genere alle spalle per un bambino studiare ed apprendere , soprattutto se non hai dei professori che ti seguono con professionalità e dedizione, diventa una cosa impensabile.
L’incompetenza degli insegnanti è disarmante, sono svogliati e la cosa piu grave è che non hanno alcuna preparazione e un minimo di cultura, scrivono e fanno gli errori(l’errore ortografico me lo posso permettere io , ma non un prof.) ; una professoressa una volta mi ha chiesto se l’italia è piu grande del Brasile? Una domanda che anche un somarone come me sa risponde!
Succede spesso che i “professori” alla fine dell’anno promuovono tutti senza riserbo ,cosi che hanno le ferie libere non dovendo tornare a scuola per i corsi di recupero; una volta un bambino tutto orgoglioso mi disse:” tio, tio nao sabe scriver , nao sabe ler , mas passei!”(zio, zio non so leggere, non so scrivere ma sono stato promosso!”)
Ma la colpa non è dei “professori”
In posti come questo l’unica “cultura” , è quella diffusa dalle svariate chiese cattoliche,evangeliche, protestanti, (fra un po’ vomito nel pensare i pastori protestanti che recitano appassionatamente la messa) che annebbiano di cazzate la testa della povera gente analfabeta, riempiendoli di sensi di colpa e rendendoli così potenziali donatori(i credenti qui pagano il dizimo ,ovvero una tassa mensile alla chiesa di appartenenza come “donazione”…”donate che Dio ha fame!!”) .
Le uniche librerie presenti sono di carattere religioso.
Ma come sempre la cultura manca dove l’usurpatore mangia, dove la terra è ricca di materie prime.
In questi luoghi la cultura fa male perche contrariamente ,sarebbe più difficile rubare; ma questa è una storia antica come il mondo.
La cosa stupefacente è che nonostante tutto i bambini sono bambini, sempre pronti a scherzare ridere e giocare; che soddisfazione quando cominciano a leggere, che bello quando la piccola Camilla sorride con la bocca a 2 denti e che piacere ricevere i loro abbracci ; sono felicissimi di partecipare alle nostre lezioni di recupero, basta che gli dai un po’ di attenzione e loro ti dimostrano subito gratitudine e affetto…..certo i piu dannati sono indomabili e ogni volta che proviamo a lavorarci , in me la frase che da ragazzino mi veniva spesso ripetuta mi ritorna in mente ….“ se non si bonu pe studià vanne a fatigà” ……….... sono eccezionali!

















































GRAFFITI WRITING....da Basquiat a Banksay



Negli anni in cui Dubuffet svolgeva le sue ultime serie il fenomeno del graffitismo divampava in pieno nei grandi centri urbani, a cominciare da New York, per opera di una folla di anonimi operatori, degni seguaci dell’Art Brut, che si sentivano intimoriti dalle superfici asettiche presentate dal volto delle metropoli (pareti monocrome, vagoni dei treni o dell’underground immacolati). Si trattava di una penosa forma di vuoto, di astinenza cromatica, che occorreva riempire con una vegetazione lussureggiante di segni, però non barbari né primitivi come quelli dei graffitisti di altri tempi, bensì intonati a una civiltà dei consumi e quindi pronti a sfruttare sia le scritture pubblicitarie sia le immagini-mito dei fumetti. Alcuni giovani artisti colti e raffinati capirono quale opportunità veniva data da questi suggerimenti spontanei, proprio come Dubuffet, nel ’40, aveva raccolto la lezione dei del genere vale prima di tutto per due protagonisti,JeanMichelBasquiat (1960-1988) e Keith Haring (1958- 1990), nati da buone famiglie e passati attraverso studi regolari, ma decisi a mescolarsi tra le schiere dei graffitisti da strada, fino a condividerne l’esistenza tumultuosa, dedita alla droga, così da venirne "bruciati verdi".
Li seguirono, e sono tuttora al lavoro, giovani colleghi quali Donald Baechler (1956), James Brown (1951), Futura Duemila (1955), Kenny Scharf (1958) che come loro riescono a fondere bene la lezione selvaggia dei disegnatori di strada con le esigenze di un raffinato codice estetico.
Oggi uno dei maggiori esponenti di graffiti writing si firma Banksy e cercava di rimanere nell’anonimato, ma la popolarità ha preso il sopravvento. Le sue opere tappezzano i muri e le strade londinesi, si trovano anche nei grandi musei come British Museum e il Tate Modern e sul muro che il governo israeliano sta costruendo attorno ai territori occupati palestinesi, proclamato illegale dalla corte internazionale di giustizia. Definito il terrorista, per la violenza con cui attacca le icone sacre della cultura occidentale. Banksy è un artista graffiante, provocatorio. Le sue opere sono spesso a sfondo satirico e riguardano argomenti di politica, cultura ed etica, oggetto di culto e discussione. Artista visionario, anticonformista, si definisce un “vandalo di qualità”.Varia nelle tecniche e negli stili, murales, graffiati, sculture, spray, stencil, dipinti. Molto spesso di altri pittori, vandalizzati, ridicolizzati. Famose le sue performances interattive. Il rischio è che si faccia anche lui fagocitare dal sistema, che con le sue opere contribuisce a deridere e combattere.
Il ratto è il suo animale simbolo: “Perché non rispetta le gerarchie e fa sesso anche 50 volte al giorNon è facile unire tecnica e dissacrante ironia e spargerla per la città in piena notte, eppure Bamksy ci riesce. “Alcuni vogliono rendere il mondo un posto migliore. Io voglio solo renderlo un posto più bello. Se non ti piace puoi sempre dipingerci sopra”. Vi sfido a farlo, credo sia impossibile. Mi riferisco a ridipingerci sopra!
Lascia la sua impronta sul muro per eccellenza, quello che divide Israeliani e Palestinesi, a Betlemme. Realizza nell’arco di una sola notte stellata un immaginario varco sul muro di Gaza, all’insegna di una libertà anelata da tutti i cittadini civili abitanti di quelle zone. “La pace non si dipinge con il sangue, come stanno facendo questi due soldati”, sembra volerci dire. no”. Molti appassionati se lo fanno tatuare in segno d’ammirazione.















(dalla rete)