Chapa-chapa é una tecnica di cucito usata dai sarti dell'África Occidentale;é una composizione "arlecchinesca" di pezzi di stoffa avanzata di colore e fantasia differenti... Cosí nasce il mio blog,fatto di esperimenti,immaginazioni,sovrapposizioni...non spaventatevi,se le mie mani hanno unito queste cose senza un apparente filo logico..perché come dice il sarto africano: "l´importante é cucire, la forma viene dopo"

FITZCARRALDO

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venerdì 4 settembre 2009

GRAFFITI WRITING....da Basquiat a Banksay



Negli anni in cui Dubuffet svolgeva le sue ultime serie il fenomeno del graffitismo divampava in pieno nei grandi centri urbani, a cominciare da New York, per opera di una folla di anonimi operatori, degni seguaci dell’Art Brut, che si sentivano intimoriti dalle superfici asettiche presentate dal volto delle metropoli (pareti monocrome, vagoni dei treni o dell’underground immacolati). Si trattava di una penosa forma di vuoto, di astinenza cromatica, che occorreva riempire con una vegetazione lussureggiante di segni, però non barbari né primitivi come quelli dei graffitisti di altri tempi, bensì intonati a una civiltà dei consumi e quindi pronti a sfruttare sia le scritture pubblicitarie sia le immagini-mito dei fumetti. Alcuni giovani artisti colti e raffinati capirono quale opportunità veniva data da questi suggerimenti spontanei, proprio come Dubuffet, nel ’40, aveva raccolto la lezione dei del genere vale prima di tutto per due protagonisti,JeanMichelBasquiat (1960-1988) e Keith Haring (1958- 1990), nati da buone famiglie e passati attraverso studi regolari, ma decisi a mescolarsi tra le schiere dei graffitisti da strada, fino a condividerne l’esistenza tumultuosa, dedita alla droga, così da venirne "bruciati verdi".
Li seguirono, e sono tuttora al lavoro, giovani colleghi quali Donald Baechler (1956), James Brown (1951), Futura Duemila (1955), Kenny Scharf (1958) che come loro riescono a fondere bene la lezione selvaggia dei disegnatori di strada con le esigenze di un raffinato codice estetico.
Oggi uno dei maggiori esponenti di graffiti writing si firma Banksy e cercava di rimanere nell’anonimato, ma la popolarità ha preso il sopravvento. Le sue opere tappezzano i muri e le strade londinesi, si trovano anche nei grandi musei come British Museum e il Tate Modern e sul muro che il governo israeliano sta costruendo attorno ai territori occupati palestinesi, proclamato illegale dalla corte internazionale di giustizia. Definito il terrorista, per la violenza con cui attacca le icone sacre della cultura occidentale. Banksy è un artista graffiante, provocatorio. Le sue opere sono spesso a sfondo satirico e riguardano argomenti di politica, cultura ed etica, oggetto di culto e discussione. Artista visionario, anticonformista, si definisce un “vandalo di qualità”.Varia nelle tecniche e negli stili, murales, graffiati, sculture, spray, stencil, dipinti. Molto spesso di altri pittori, vandalizzati, ridicolizzati. Famose le sue performances interattive. Il rischio è che si faccia anche lui fagocitare dal sistema, che con le sue opere contribuisce a deridere e combattere.
Il ratto è il suo animale simbolo: “Perché non rispetta le gerarchie e fa sesso anche 50 volte al giorNon è facile unire tecnica e dissacrante ironia e spargerla per la città in piena notte, eppure Bamksy ci riesce. “Alcuni vogliono rendere il mondo un posto migliore. Io voglio solo renderlo un posto più bello. Se non ti piace puoi sempre dipingerci sopra”. Vi sfido a farlo, credo sia impossibile. Mi riferisco a ridipingerci sopra!
Lascia la sua impronta sul muro per eccellenza, quello che divide Israeliani e Palestinesi, a Betlemme. Realizza nell’arco di una sola notte stellata un immaginario varco sul muro di Gaza, all’insegna di una libertà anelata da tutti i cittadini civili abitanti di quelle zone. “La pace non si dipinge con il sangue, come stanno facendo questi due soldati”, sembra volerci dire. no”. Molti appassionati se lo fanno tatuare in segno d’ammirazione.















(dalla rete)

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